|
|
Commenti alla stampa italiana sui rapporti
Italia-Libia
In risposta all’intervista alla Ortu su “donna
Impresa” Marche
D.ssa Fanelli,
mi riferisco al suo articolo sull’AIRL e sulla sua
“Presidente”. Da come si è espressa ne deduco che anche Lei è una italiana
di Libia, come del resto anch’io. Ma, a differenza dei profughi che in
questi anni hanno incensato la “Presidente”; io appartengo a quella grande
parte di loro che a tutt’oggi faticano enormemente ad ottenere quei
risarcimenti per gli espropri di cui ”la Presidente” e i suoi amici sembrano
invece (da come è scritto nel suo articolo!) “beneficiare”.
Ma non è questo il motivo per il quale invio questo
mio commento.
Nell’intervista alla “Presidente” AIRL, ci sono
delle “volute” inesattezze e dimenticanze, da lei tralasciate perché anche a
distanza di tempo, parlare del periodo immediatamente successivo alla
cacciata di tutti noi dalla Libia è imbarazzante per l’AIRL, nata molti anni
dopo (tanto è vero che nell’articolo si parla di inizi “quasi trent’anni
fa”, quando è a tutti noto che la cacciata è avvenuta 37/38 anni fa dopo la
rivoluzione del 1969).
Nel frattempo, e nel corso di un bel po’ di anni,
ha operato e lottato l’ANIRL (Associazione Nazionale Italiani Rimpatriati
dalla Libia) che la “Presidente” vuole, a tutti i costi, occultare dalla
storia di tutti noi. Io sono la nipote del Presidente ANIRL (la N in più fa
una grandissima differenza!!), Francesco Scontrino, e, documenti alla mano,
le racconto quel “periodo tanto fastidioso” per l’AIRL. Del resto basterebbe
rileggere i giornali dell’epoca per capire quanto mio zio (senza alcuna
gratificazione) abbia fatto per tutti noi rientrati forzatamente dalla
Libia.
Che la “Presidente” a quel tempo fosse una giovane
madre e che si occupasse della sua bambina, io non lo metto in dubbio. Le
assicuro che in tutte le interviste che ha rilasciato, la “Presidente”,
quando si riferisce a quel periodo: fa sempre la mamma! Ma che nello stesso
periodo lei, a Pescara, stesse dando vita, insieme a fidi scudieri di “alto
lignaggio”, ad un’altra associazione, questo forse se lo è dimenticato! Mi
domando se anche i suoi “fidi” facessero i papà! o, piuttosto, si
dedicassero in realtà, tutti insieme, a fomentare i profughi contro ANIRL,
invece di dare una mano alla collettività tanto a Tripoli quanto a Roma,
come fecero mio zio e tutti quelli a lui vicini, ivi compresi alcuni
diplomatici dell’Ambasciata italiana
Le Associazioni (2-3 non di più) di cui parla la
“Signora” erano costituite da 3-4 persone, talvolta anche dal solo
presidente, tutte intese a fare da disturbo ad ANIRL: la sola ad avere
moltissimi iscritti e credibilità presso le istituzioni italiane; la sola
che combattesse per TUTTI i profughi di Libia e non – come i fatti poi ci
hanno dimostrato – per i soli “eletti” del Circolo Italia di Tripoli. E
mentre le piccole associazioni furono unificate in AIRL perché erano anime
di quella stessa associazione; ANIRL non è stata assorbita da alcuna altra
Associazione; è stata fatta morire perché – come scrivo nel sito
www.zeriba.net
–
la sua natura era pro e per tutta, indistintamente tutta, la collettività
italiana di Libia per cui i “potenti” che ora sono in AIRL non si sentivano
abbastanza protetti.
La signora parla di diritti violati? Ma le azioni
per la loro protezione erano già state portate avanti da mio zio, Francesco
Scontrino! (v. la legge sui profughi, assistenza sanitaria, reinserimento di
tutti noi in Italia, posti di lavoro e sui risarcimenti, promulgata per i
Giuliano-dalmati e, grazie ad ANIRL, adattata per noi e poi usufruita anche
dagli sfollati dall’Egitto). Dov’era AIRL all’epoca? Come ho detto basta
rileggere la stampa di quegli anni: mio zio non solo si è battuto e si è
incontrato con i politici di allora per ottenere leggi eque, ma aveva già in
Libia sfidato il “Colonnello”, che lo faceva seguire e voleva arrestarlo,
perché, come ho detto, in collaborazione con la nostra Ambasciata, cercava
di favorire il salvataggio degli italiani.
La “Presidente” e la sua Associazione, non hanno
fatto altro che camminare sulle orme di ANIRL con la differenza che mentre
con ANIRL i “potenti” erano livellati agli altri, con AIRL ….? Mi piacerebbe
conoscere i nomi di coloro che sono stati risarciti con i 255 miliardi
indicati nel sito AIRL. Le posso assicurare (tutto è facilmente
controllabile) che le pratiche trattate negli anni in cui operava ANIRL,
erano considerate tutte allo stesso modo, senza favoritismi, dando, semmai,
precedenza a tutti quegli italiani di Libia che avevano perso l’unico avere
posseduto e che, senza quel risarcimento, sarebbero morti di fame in Italia:
Inoltre mio zio, membro della commissione non percepiva alcun compenso per
la sua attività, né dallo Stato, né dai tripolini!
Gli sfiduciati di cui parla la “Signora” sono tutti
coloro - la maggioranza di noi italiani di Libia - che appena videro
ricostituite in AIRL “le caste” di cui Tripoli era piena, preferirono
abbandonare ogni tipo e forma di associazione, perché ritenevano che nessuna
li rappresentasse più in modo paritario. Questi tripolini, che voglia o no
la “Presidente”, esistono e sono in tanti a non voler essere rappresentati
dall’AIRL, che invece continua imperterrita a proteggere gli interessi di
pochi, servendosi del nome di tutti noi per ottenere concessioni di vario
tipo: una per tutte, il progetto (folle) di ristrutturazione di Hammangi
affidato ad un Consigliere AIRL.
E mi permetta, inoltre, di dubitare quando sento
sostenere che l’Associazione si “mantiene” solo con i contributi dei propri
(pochi!) iscritti, sia pure di “nobili origini”. Se solo si considerano
l’ubicazione della sede di AIRL (Via Nizza a Roma) e quel suo “periodico”
con cui, non richiesto e completamente gratuito, in occasione del
fallimentare (per la “maggioranza” di noi tripolini) viaggio a Tripoli di
una delegazione di “eletti” guidata dalla “Presidente AIRL”, ha
letteralmente sommerso la nostra collettività, viene voglia perlomeno di
domandarsi da dove arrivino i fondi, avendo in mente, tra l’altro (REPORT ce
lo ha spiegato!), cosa facciano diverse pubblicazioni in Italia e all’estero
per aumentare le tirature e quindi innalzare i contributi statali!
Sarebbe opportuno, in
futuro, su certi argomenti di non dare informazion
i provenienti soltanto da
UNA parte: inevitabilmente distorte; ma di dare ai lettori che seguono la
sua rivista, informazioni complete, sentita l’opinione di TUTTE le
componenti in causa. Da una informazione completa e corretta non può che
guadagnarne la sua pubblicazione.
Se lei appartiene al folto gruppo di quegli
italiani che sono stati risarciti poco o nulla potrà capire quanto essi
siano arrabbiati, non solo per i risarcimenti iniqui ma anche per le
sofferenze di tanti anni difficilissimi dopo la “cacciata”, dove ad
assisterli non c’era di certo AIRL! ..MA SOLTANTO ANIRL!
Rita Scontrino
09.07.2997
CAMERA DEI DEPUTATI
Approvata la ratifica del Trattato Italia-Libia
Mantica:
“Il Trattato chiude una inimicizia che dura dal 1911” .
Via libera all’emendamento del governo per indennizzo di
150 milioni in 3 anni per gli italiani espulsi dalla
Libia
ROMA -
Approvato in serata dalla Camera, a larga maggioranza,
il disegno di legge di ratifica ed esecuzione del
Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra
l’Italia e la Libia, firmato a Bengasi il 30 agosto 2008
dal presidente del Consiglio Berlusconi e dal leader
libico Gheddafi. Il provvedimento, che passa ora
all’esame del Senato, è stato approvato con 413 voti
favorevoli, 63 contrari e 36 astenuti. A votare contro
sono stati l’Udc, l’Idv e il Partito radicale.
“Il
dibattito introduttivo ha raggiunto livelli di alta
espressione parlamentare. Anche perché indirettamente ha
affrontato la vera essenza del problema: il trattato di
amicizia va a chiudere una inimicizia che dura dal
1911”. Così il sottosegretario agli Esteri, sen. Alfredo
Mantica, durante la discussione alla Camera della
ratifica del Trattato di amicizia tra Italia e Libia
firmato a Bengasi il 30 agosto scorso.
“Bisogna
ribadire – ha proseguito Mantica - che il trattato non è
stato voluto dal governo italiano per rafforzare
l’amicizia con la Libia ma, dopo una annosa vicenda di
rapporti bilaterali, che dal governo libico che lo fa
risalire appunto al 1911. Tant’è vero che le opere
infrastrutturali che andremo a costruire non sono state
stabilite a caso per favorire questa o quella
multinazionale, come qualcuno dai banchi della
maggioranza sostiene: basti pensare che il costo
maggiore, 3 miliardi sui 5 complessivi, riguarda la
strada litorale tra la Tunisia e l’Egitto. Il governo
libico chiede di considerarlo come omaggio del governo
italiano nei confronti del popolo libico, proprio come
sanatoria di un’antica questione”.
“Oltre alla
questione economica non dobbiamo dimenticare – ha
avvertito Mantica - che l’intera faccenda si intreccia
fortemente anche con la pietas a seguito di alcuni
drammatici fatti. Ne cito due: la deportazione libica
degli anni 1913 e 1914, ma anche il trentennale
abbandono del cimitero di Tripoli. Questo trattato di
amicizia, questo cercare di chiudere il passato, o
comunque di sanare una triste storia, serve per
normalizzare i rapporti tra il governo italiano e quello
libico. E a riprova di ciò basti pensare che non vengono
concessi visti agli italiani nati in Libia o che ancora
oggi si festeggi la giornata nazionale della cacciata
dell’italiano dalla Libia”. E “per quanto riguarda
l’affidamento delle opere alle aziende italiane devo
sottolineare che non possono esserci le gare europee,
perché se sul trattato si è stabilito bilateralmente che
devono essere le aziende italiane a fare i lavori, così
deve essere. Sta scritto sul documento: i 5 miliardi –
ha ricordato Mantica -
saranno gestiti dalla parte italiana. La specifica
tecnica, ma soprattutto la progettazione della strada,
sarà decisa dalla commissione tecnica mista. L’impegno
del governo libico – ha detto il sottosegretario agli
Esteri - è di cedere gratuitamente i terreni. In
sostanza abbiamo deciso di trasformare le colpe di un
passato contestato non in un assegno tout-court ma in
infrastrutture concrete a sostegno della popolazione. Si
sono tentate varie opzioni, come ospedali d’eccellenza
ed università, ma sono state tutte respinte. Abbiamo
quindi concordato sulla costruzione della strada, che
però non può costare più di 3 miliardi. Non
dimentichiamo inoltre l’importanza che le società
italiane rivestiranno sul controllo dei confini libici
che, come tutti sapete, sono molto complicati, essendo
tracciati sul mare e nel deserto. Il controllo – ha
sottolineato - è un aiuto che noi diamo perché il
costante flusso di libici che cercano di attraversare il
confine è dettato per la loro stessa sopravvivenza. Le
autorità possono così gestire il fenomeno che non deve
essere di polizia e repressione ma essenzialmente di
prevenzione”
Nel
pomeriggio la Camera ha dato via libera all’emendamento
del governo che stanzia un indennizzo di 150 milioni in
tre anni per gli italiani espulsi dalla Libia 40 anni
fa. Ma si tratta, secondo l’Udc di Pierferdinando
Casini, di una somma comunque insufficiente.
“Ringraziamo il governo per l’impegno ma non è
sufficiente - ha detto Casini - se aveste approvato i
nostri subemendamenti il nostro voto contrario poteva
trasformarsi in una astensione. Così non basta”. Tra chi
ha annunciato voto contrario alla ratifica del Trattato
anche Antonio Di Pietro. “L'Italia dei Valori – ha
spiegato - riconosce le responsabilità del periodo
coloniale e il debito italiano, ma non vota un trattato
che comprende la cooperazione militare con la Libia, il
riarmo di un dittatore già responsabile di gravissimi
atti di terrorismo internazionale. Non siamo disposti a
riconoscere, con il nostro voto, che la Libia rispetta i
diritti umani, legittimando e rafforzando un regime
illiberale”.
“Siamo
contrari – ha concluso Di Pietro - a dare soldi a
Gheddafi e ad un governo che sfrutta i flussi migratori
dall'Africa”. Ha votato no anche Alessandra Mussolini
(Azione Sociale-Pdl). Per la Mussolini non si può
firmare un trattato “con chi ha clamorosamente mancato
ogni impegno sugli imbarchi dei clandestini. Ci sono
bambini che ingoiano carburante e muoiono nei nostri
mari”. “Mi dispiace andare contro il governo – ha detto
Alessandra Mussolini - ma c'è anche una coscienza dopo
tutto quello che abbiamo visto in commissione Infanzia
proprio andando a Lampedusa. Pertanto, il mio voto sarà
contrario”. Per i radicali il Trattato Italia-Libia
svende i diritti umani. I diritti umani sono
“puntualmente violati da 40 anni dal regime di Gheddafi,
che ancora non ha ratificato la convenzione Onu sui
diritti dei rifugiati”. “Una violazione – denunciano -
che si ripete quotidianamente con gli sbarchi sulle
coste italiane di immigrati dalla Libia, che
nell'autunno del 2008 hanno sfiorato le 8000 unità,
quattro volte in più rispetto all'anno precedente,
nonostante gli accordi del 2007, con cui Gheddafi si era
impegnato a contrastare l'immigrazione clandestina”.
Il
repubblicano Giorgio La Malfa, pur non sottovalutando
l'importanza del provvedimento, ha espresso riserve in
merito alle disposizioni recate dagli articoli 2 e 4,
ritenendo che il Trattato possa costituire una sorta di
riconoscimento sul piano internazionale del regime di
Gheddafi, dichiarando
quindi l'astensione sul relativo disegno di legge di
ratifica.
Alessandro
Maran, capogruppo Pd in commissione Esteri, ha spiegato
la posizione del Pd: “Nonostante i punti di criticità
del provvedimento – ad esempio la compatibilità del
testo con l'articolo 5 del Trattato Nato, questione
sulla quale il Pd ha depositato uno specifico ordine del
giorno, e la copertura finanziaria – il Trattato chiude
il contenzioso per i danni di guerra, un dovere morale
per il nostro Paese, visto che il colonialismo italiano
è costato alla Libia centomila morti quando i suoi
abitanti erano ottocentomila, vuol dire che un libico su
otto è stato ucciso per difendere la propria terra”. “La
ratifica è dunque il punto d'arrivo di una lunga vicenda
che ha visto impegnati diversi Governi ed indubbiamente
– denuncia Maran - a fronte di uno Stato accusato più
volte per le pratiche lesive dei diritti umani, il
governo italiano doveva ottenere di più in occasione
della stipula, chiedendo maggiori garanzie sul questo
fronte. Il Pd aveva perciò chiesto una commissione di
esperti per il monitoraggio della applicazione
dell’accordo e per riferire al parlamento ed è stato un
grave errore del governo e della maggioranza il rifiuto
della nostra richiesta”.
Per il Pdl
Roberto Antonione, nell'evidenziare l'alta valenza
strategica della Libia, sia in termini di collocazione
geopolitica, sia in termini di capacità di fornitura di
risorse energetiche, ha detto di ritenere improprio aver
collegato l'approvazione del Trattato in esame al
rispetto dei diritti umani nello Stato nordafricano,
dato che tale approccio avrebbe impedito al nostro Paese
di sottoscrivere numerosi accordi di analoga natura.
Sottolineati quindi i progressi compiuti dalla Libia in
termini di evoluzione democratica, che ritiene possano
essere ulteriormente incentivati, Antonione ha
richiamato i positivi risultati per la sicurezza
nazionale che deriveranno dall'approvazione del
Trattato. L'unica strada percorribile per arginare il
fenomeno dell'immigrazione clandestina - ha affermato il
deputato del Pdl - è stipulare accordi con i paesi di
transito e di provenienza dei suddetti flussi migratori.
|
|
|