SCIABANI
Io e Anna,
la mia cugina coetanea,
a quattro anni
l’asilo
cominciammo a frequentare.
Era l’asilo, da casa non lontano,
in via Roma, vicino alla moschea,
quasi di fronte alle due palme.
Ci accompagnava mamma.
Sulla soglia,
sorridente,
Sciabani, arrivava,
per mano ci prendeva,
poi, con la sua voce
quasi da bambino
-vai signora, penso io –diceva,
e con il suo passo greve
in classe ci portava.
Sciabani…
Gli anni erano tanti,
più delle rughe del suo viso:
un paio d’occhietti furbi,
due bei baffoni bianchi
un gran sorriso sulle labbra;
per tutto l’anno,
poi,
la stessa sahariana
egli indossava.
Era buono,
pronto, sempre,
a consolarci.
Non c’era bimbo che
Non gli volesse bene.
Ma un triste giorno,
Anna, la cuginetta,
tra gli angeli volò.
Tornai all’asilo
Dopo tanto tempo: solo
-Dove Anna –chiese Sciabani
- Taret fi Genna- (è andata in cielo)
Mia madre gli rispose
Oh, quanto pianse, nonno Sciabani,
e singhiozzando senza alcun ritegno
-vieni- mi disse andiamo,
Trascorsa è una vita da quel dì,
ma, nonno Sciabani
è sempre nel mio cuore,
e quel suo pianto
ancora mi accompagna
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