ARCHITETTURA
ITALIANA IN LIBIA
L’architettura del ventennio
fascista ha lasciato tracce profonde non solo in molte città italiane. Notevoli
interventi sono stati fatti anche in Libia.
Gli architetti di questo
periodo erano quasi tutti giovanissimi: Alberto Apaco, Guido Terrazza, Alessando
Limongelli, Forestano di Fausto, che hanno progettato fra le due guerre in
Libia, Etiopia ed Eritrea.
Nel 1912 dopo lo sbarco degli
italiani in Libia, il ministero dei lavori pubblici inviava a Tripoli l’ing.
Luiggi , con l’incarico di elaborare progetti delle opere pubbliche più
importanti.
Per prima cosa presentò il
piano regolatore di Tripoli che prevedeva la conservazione della “Medina” o
città vecchia, attorno alla quale sarebbe nata la nuova città, con banche,
alberghi , poste e palazzi.
Tra il 1913 e il 1924 Cesare
Bozzani progettò il monumento ai caduti e numerosi cimiteri di guerra. Nello
stesso periodo Salvatore Aurigemma sistemò l’Arco di Marco Aurelio, iniziando i
lavori di restauro, sospesi poi a causa del conflitto mondiale.
Nel luglio del 1921 arriva,
come governatore a Tripoli, Giuseppe Volpi, che si impegnò subito al
risanamento e allo sviluppo della città, valorizzando il patrimonio
archeologico. Portò a termine i lavori del porto con la costruzione del molo e
diede inizio ai lavori di costruzione della cattedrale. Si occupò anche del
restauro del castello, dell’arco di Marco Aurelio e delle moschee di Tagiura e
Zanzur. Nel contempo avviò i lavori di scavo di Leptis Magna e Sabratha.
Il 28 ottobre 1923 inaugurò
la manifattura tabacchi; lo aiutò molto l’architetto Brasini: opere sue sono il
monumento ai caduti e l’edificio della Cassa di Risparmio.
Nell’agosto dell’anno 1925
Giuseppe Volpi si dimise dalla carica di governatore e gli succedette il
generale De Bono, che portò a termine i lavori della cattedrale e del Palazzo
del governatore, il teatro Miramare e la sede della Banca d’Italia.. Fece
inoltre costruire un nuovo ospedale.
Un ulteriore impulso a
Tripoli lo diede Italo Balbo, che chiamò in Libia molti artisti Ferraresi per
ricostituire una corte neorinascimentale. Ad Achille Funi si devono gli
affreschi del Palazzo del Governatore e quelli della Chiesa di S. Francesco.
Gli Italiani costruirono
anche un notevole numero di villaggi e case coloniche. Basti ricordare la strada
litoranea voluta da Balbo e chiamata Balbia dopo la sua morte.