PICCOLI EPISODI DI UNA GIOVENTÚ TRASCORSA A TRIPOLI
Fra tanti ricordi che spesso affiorano alla mia mente, di quella bella gioventù trascorsa nella nostra indimenticabile terra natía, ricordo alcuni episodi che indubbiamente alcuni coetanei ricorderanno.
Era una afosa giornata di Ghibli, il mare era un piatto color turchese chiaro e la nostra barchetta a vela e remi, era da poco approdata sulla spiaggia del Lido, carica di belle prede ittiche, fucili a molla , maschere e pinne e di alcuni di noi, primi precursori della
pesca subacquea, e generalmente attivi anche in altri sport.
Immediatamente la barca, tirata sulla spiaggia, fu attorniata da tanti curiosi e da Signore che regolarmente ci compravano le nostre prede, con le cui vendite si racimolava più o meno lo sufficiente per poi andare a versarlo alla cassa della cara Famiglia di Marzio Cardinali, bonaccione e sempre nostro consigliere, specialmente mio che anche facevo il pugilato fin da ancora bambino. In quel negozio spesso ci lasciavamo gli occhi, perché oltre a rifornirci di aste e arpioni perduti, qualche lenza, ami, fiocine per la pesca notturna con la lampada, il cui Maestro era per tutti Duccio Manghi, ammiravamo tante nuove cosette che costituivano le innovazioni e il progresso dei costruttori Cressi e Mares che tutti avremmo voluto possedere, ma che non era certamente facile alla nostra situazione economica di studentelli in una Libia che molto distava allora dalla dorata epoca del Petrolio.
Oltre al voluminoso e bonaccione Marzio (chiamarlo Signore si sarebbe offeso perché si sentiva uno in più di noialtri) quasi sempre erano presenti il giovanissimo Romano e la promettente bella bimba Elvira che richiamava la presenza di “mosconi” che ronzavano lí intorno, fra i quali ricordo anche un giovane “giornalista” del Corriere di Tripoli il cui nome ora non rammento...ma che quasi sicuramente mi leggera.
Ma torniamo a quella bella giornata piena di sole e di afa che invitavano a rimanere in acqua per ore e ore.
Mia Madre mi aveva incaricato un paio di bei polpi che stanavamo con il solfato di rame racchiuso in una pezzo di tela bianca, per poi acchiapparli con le mani, passarli regolarmente a Duccio Menghi, nel caso fosse stato presente, il quale con una dentellata
tra capoccia e tentacoli, li rendeva definitivamente tranquilli...e deceduti. Era un’arte del voluminoso Duccio, appreso dai tonnaroti di Zliten dove visse la sua prima infanzia. Per lui il mare non aveva segreti giacché li conosceva tutti più uno. Del suo voluminoso fisico soleva dire trattavasi di “muscoli sciolti” che lo differenziavano da noialtri, in maggioranza asciutti e muscolosi per le ulteriori attività sportive che compivamo.
Lasciai i cari amici a carico di vendere il miglior pesce alle ansiose Signore che facevano a gara per offrire migliori prezzi, quasi stabilendo una specie d’asta; sciacquare poi l’interno della barca, lavare quindi i fucili e resto degli equipaggiamenti con acqua dolce e depositarli ordinatamente nella spaziosissima cabina di Pino Guarrasi, il nostro amico maggiore in etá e Comandante in Capo della Squadra di Nuoto del Circolo Italia, della quale facevo parte anche io. Pino, il “vecchio” Pino (si fa per dire) era il nostro fratello maggiore e nostro consigliere, un vero e propio “pezzo di pane” al quale volevamo tanto bene e Lui a noi tutti. Il nostro Gruppo era infinitamente grande, composto da maschietti e bellissime femminucce, forse le più belle di Tripoli.
Con i mie due grossi polpi in mano, sciacquati ancora una volta sulla riva del mare, mi
diressi verso le docce per togliermi la salsedine e, lí giunto, trovai un piccolo tumulto causato dalla Silvana Eminian la quale era stata oggetto di uno sgarbo o meglio detto offesa da parte di un gruppetto di giovincelli arabi che Lei e altra amica stavano riprendendo a voce alta, mentre quei giovinastri ingalluzziti ridevano e forse cercavano di propassarsi. Immediatamente le ragazze trovarono sollievo e conforto nella mia presenza, per cui Silvana reclamò ancor più energicamente ed io intervenni chiedendo a quei 5 o 6 azzardosi che cosa stessero facendo e che tenessero presente che così come noialtri rispettavamo le loro donne, anche essi dovevano fare altrettanto e, dirigendomi a colui che indubbiamente era il “gabadei” gli dissi di chiedere scusa alle ragazze e che circolassero poi di li. Fui immediatamente attorniato e il più fornito di loro attimo a colpirmi con un pugno, quando giá aveva addosso la mia mano sinistra portatrice di uno dei polpi ancora bavosi, sul suo viso, mentre con la destra ero pronto a fare altrettanto con qualunque avesse voluto aggredirmi. Quello del polpo in faccia lanciò un urlo di terrore e tutti corsero via.
Presa la mia buona e gratificante doccia, andai in cabina della nostra Famiglia, antistante alla spiaggia, sull’ala destra del Lido, depositai i polpi nella ghiacciaia portatile e mi accingevo a tornare verso le docce per lavarmi le mani, quando vidi di fronte alla cabina un nuovo e maggiore tumulto di gente (giovani arabi) che evidentemente mi aspettavano, per cui presi il paletto dell’ombrellone e mi diressi verso loro disposto a randellare qualunque mi avesse voluto picchiare, ma nel frattempo erano giunti il Signor Messaud Zentuti e altri notabili che, informati da qualcuno di cioè che era avvenuto e stesse per avvenire, incresparono duramente i gia più di 15 giovani e tutto finì lí e non ebbe seguito. Suppongo che deve essere stato veramente impressionante per quel ragazzo, sentirsi sul viso quel viscido e bavoso polpo.
Anche io soffrì uno smacco da parte del caro Vito Calía, fratello del mio carissimo amico Alfredo, la cui amicizia indubbiamente prevalse affinché io non volli reagire.
Vito, molto più grande di me, era anche il mio idolo in pesca subacquea, benché gareggiando nelle prove di Campionato di Pesca Subacquea, gli ero sempre più vicino in classifica e qualche volta l’ho pure lasciato indietro. Riconoscevo e ammiravo in Lui il migliore dei Subacquei Tripolini. Vito poi si adoperava a fondo per organizzare le Gare di Caccia al Tesoro Sommerso; Gare pinnate individuali e a Coppie, infine era un gran tipo che io ho sempre ammirato.
Risulta che in una post Gara di Campionato in cui Lui aveva vinto, qualcuno gli fu a dire (inventandolo malignamente ..., non credo per gioco) che io stavo commentando che la presa più grande da Lui catturata in quella Gara, l’aveva comprata in pescheria e che gliel’avevano fornita sott’acqua.......
Io stavo placidamente seduto vicino al Bar del Lido, quando mi si avvicina Vito in compagnia di Vittorio Licari e di un’altro che non ricordo e mi increpa, logicamente arrabbiato su ciò che suppostamene io stessi divulgando. Mi alzai al suo cospetto e quasi senza nemmeno capire ciò che mi stava reclamando, negai tale ignobile versione ma Vito, evidentemente alterato e che stava leccandosi un bel cono di gelato, me lo appiccicò in faccia, senza per altro pensare alle conseguenze che tale gesto gli avrebbe potuto causare, io pugile e molto più veloce indubbiamente di Lui......
Pensai immediatamente alla grande e fraterna amicizia con suo fratello Alfredo, pensai che una mia reazione, benché giusta, gli avrebbe fatto incassare per lo meno tre veloci pugni devastanti, pensai che nel fondo era il mio idolo in Pesca Subacquea, contai fino a dieci mentalmente e decisi rimanere con quel “gelatazzo in faccia”, atto che non avrei permesso a nessun altro senza che colui che si fosse azzardato non fosse poi dovuto finire al pronto soccorso. Non dimenticherò mai “il famoso gelato di Vito” a chi sempre ammirai e volli anche tanto bene come Amico.